Page 48 - Ascolta Popolo Mio - Mons. Michele Seccia
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in sé delle di coltà, ma alla  ne porta a una crescita fruttuosa e virtuosa che non può che migliorare la qualità dello stile e della vita di chi impara a praticarlo per davvero. Ci sono va- rie sfumature che declinano l’andamento di questo cammino: proviamo a vederne alcune.
48.L’ascolto è un cammino di comunione. Al compimento della sua missione sulla terra, la preghiera che Gesù rivolge al Padre è che i suoi discepoli «siano una cosa sola» (cfr. Gv 17,21), invocando sulla Chiesa il dono della comu- nione. Essa, a più livelli (vescovo-presbiteri, vescovo-laici, presbi- teri-presbiteri, presbiteri-laici, laici-laici), è un atto di fede, ed è dovere chiederla direttamente a Dio. Ma Dio, per donarcela, ha bisogno della nostra collaborazione! E allora, per attuarla - oltre alla fede - occorrono le necessarie qualità umane da mettere a disposizione e sviluppare qualora risultassero ca- renti. Un modo privilegiato per crescere nella comunione è l’ascolto. Spesso la causa della maggior parte delle divisioni comunitarie deriva da una incapacità di ascolto, che non per- mette di conoscersi a fondo e di valorizzare quelle diversità di ognuno, che - lungi dall’essere ostacolo - sono invece fonti di ricchezza. Il Concilio Vaticano II - che ha operato la scelta preferenziale di una ecclesiologia di comunione - insegna che «primogenito tra molti fratelli, dopo la sua morte e risurrezio- ne ha istituito attraverso il dono del suo Spirito una nuova co- munione fraterna fra tutti coloro che l’accolgono con la fede e la carità: essa si realizza nel suo corpo, che è la Chiesa. In que- sto corpo tutti, membri tra di loro, si debbono prestare servizi reciproci, secondo i doni diversi loro concessi» 80. L’ascolto re- ciproco elimina i pregiudizi, distrugge le barriere, crea empa- tia, alimenta la stima tra fratelli: in una battuta, genera comu- nione. Anche qui ritorno su una questione importante che ha il sapore della provocazione: feste, gite e altre iniziative (pur restando nobili!) se radunano perfetti sconosciuti incapaci di ascolto reciproco sono solo una vetrina di falsità. Preferisco una comunità umile, silenziosa, ma più vera nella comunione che una comunità “rumorosa” e in vista, che al suo interno nasconde rancori e ipocrisie. Se ciò accade, è l’ora di fermarsi e ri ettere sull’essenza della propria identità comunitaria per
80 Gaudium et Spes, n. 32 48
































































































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