Vescovo, Martire, Santo Patrono di un nuovo Salento
La festa, frutto celebrativo di rievocazione e di speranza all’interno di una civiltà, costituisce un momento rilevante per la cittadinanza. In questo periodo di cruenta persecuzione di tanti cristiani, poi, il culto di S. Oronzo, primo Vescovo leccese, martire venerato assieme ai Santi Giusto e Fortunato, si rivela forte impulso per ridestare le coscienze dal torpore dell’indifferenza e compiere scelte coerenti e coraggiose per la dignità di ogni persona. L’intensissima partecipazione alla solennità patronale esprime così il vissuto di una comunità e costituisce una delle massime espressioni, se non proprio la più coinvolgente, della sua specifica identità religiosa e civile, in un’affermazione d’identità culturale espressa in un’aggregazione motivata da una concezione esistenziale aperta ai valori della tradizione e alla speranza fondata su un modello unificante. Non si tratta solo di celebrare una memoria, ma di vivere un progetto di futuro. Poiché non è solamente un evento culturale di ammaliante folklore, di vantaggiose occasioni turistiche utili al benessere economico della collettività, di coinvolgenti espressioni devozionali.
Pur con diverse esperienze dovute alle tante nuove scelte dei riferimenti valoriali in una situazione sociale e culturale di forte cambiamento, le motivazioni religiose e civiche della festività sono, infatti, alla base del concreto vissuto. Il senso di appartenenza a un determinato ambiente ricco di fede, le credenze e le tradizioni, le preghiere e i riti consegnati dai padri alle nuove generazioni, le devozioni manifestate seguendo il calendario liturgico coinvolgono così i fedeli nella certezza di una mediazione del Santo tra terra e cielo: un’esperienza comunitaria del vincolo di una città che, con il Patrono raffigurato da una serie di rappresentazioni iconografiche, condivide oggi la necessità della libertà conculcata in tanti Paesi, raccogliendo le invocazioni di tutti nella pietà popolare, che Paolo VI definiva “religione di tutti”. Contemplando S. Oronzo e gli altri compatroni, sentiamo, pertanto, ancor più vicini i cristiani perseguitati in Medio Oriente e in tante altre parti del mondo ed intendiamo, realizzare, nel nome dell’Amore, una “rete spirituale” di fraternità e di preghiera perché tutti si sia liberi da ogni catena di odio, di violenza, di fanatismo. Dalla festa emerge ulteriore sensibilità verso i ”fratelli crocifissi” con un generoso impegno affinché tutti i credenti perseguitati per la fede possano godere dei diritti civili ed in particolare della libertà religiosa e noi stessi possiamo apprezzare sempre più il rispetto di tutti e costruire la giustizia, la solidarietà e la pace.
Adolfo Putignano