Messaggio al termine della processione dei Santi Oronzo, Giusto e Fortunato Lecce 24 agosto 2011

Messaggio al termine della processione dei Santi Oronzo, Giusto e Fortunato Lecce 24 agosto 2011

1. Le preoccupazioni per noi scaturiscono dalla fatica che regola i rapporti all’interno della nostra comunità, con le spire di un egoismo accentuato che, a fronte della situazione di incertezza e di disagio crescenti che, soprattutto in questi ultimi tempi, mostra il suo fianco debole nell’aumento delle nuove e conclamate povertà in e di casa nostra.

C’è un contrasto evidente e stridente tra il bisogno di tanti del pane quotidiano, della casa, del lavoro, della fatica a ridurre ancor più le magre risorse di una situazione ingiusta e matrigna e lo sperpero del denaro pubblico garantito in misura indecorosa a pochi privilegiati che molto spesso ne fanno un uso maldestro.

Le recenti misure e le scelte operate per tappare la falla sempre più grande del debito pubblico  non sono in grado di aggredire con saggezza, coraggio ed equità i troppi privilegi acquisiti da alcuni per difendere e promuovere i diritti dei giovani, delle famiglie, degli anziani.

La storia poi con il suo inesorabile e inarrestabile cammino fissa i suoi inevitabili giudizi con le conseguenti condanne.

In queste ultime settimane i media sono stati impietosi e crudi nel mettere sotto gli occhi i tanti privilegi e l’abbondante superfluo di chi per il ruolo che riveste non deve mortificare la povertà di tanti con il molto, il troppo che gli vien dato per un servizio reso al bene comune.

Mi auguro  e, ne sono certo, ci auguriamo che i servitori della comunità a livello locale e oltre abbiano a cuore non tanto o soprattutto la semplice quadratura del bilancio ma la difesa dei diritti della gente, dei giovani preoccupati per il loro futuro. Che questa preoccupazione non scali all’ultimo posto per lasciare intatti e intoccabili i tanti privilegi acquisiti!

“Chi governa dovrebbe avere il coraggio e la determinazione di impostare la manovra economica assicurando una speranza ai giovani, all’infanzia, alla scuola. Se vogliamo che il futuro sia diverso è su questo che bisogna indirizzare le energie”.

Sono tornato ieri l’altro dalla Spagna, da Madrid, dal grande appuntamento che ha visto il convenire di centinaia di migliaia di giovani da ogni parte del mondo. Negli incontri con loro, ne ho incontrato diverse centinaia nelle catechesi con cui da anni guido i giovani all’incontro con il Papa e nei vari incontri personali, mi è stata data la possibilità di entrare con attenzione, simpatia e condivisione nel cuore dei loro problemi e delle loro attese.

Essi guardano al loro futuro come a un grande sogno ma con la paura di non farcela, non per mancanza di impegno o di volontà ma perché si scontrano con una realtà e con condizioni di vita che impediscono la realizzazione delle loro speranze e delle loro attese. A Madrid un giovane mi ha detto: come facciamo a credere nella speranza se voi adulti ce la togliete ?

Bisogna aiutarli a non avere paura, a credere in se stessi, a nutrire la fiducia che gli ideali possono diventare realtà. Ma dobbiamo aiutarli, non lasciarli soli. Forse il problema non sono i giovani. Il problema siamo noi adulti.

Dobbiamo offrire a loro modelli credibili, scelte coraggiose, che partono non da proclami altisonanti ma dalla credibilità dei nostri comportamenti, consequenziali e coerenti.

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