IL VESCOVO DOMENICO… UN FLORIDO CAMMINO EPISCOPALE

IL VESCOVO DOMENICO… UN FLORIDO CAMMINO EPISCOPALE

2003-2009/ARCIVESCOVO DI MANFREDONIA-VIESTE-SAN GIOVANNI ROTONDO 

CONTINUA SOLLECITUDINE PER TUTTO IL GREGGE

Alla recente udienza generale di mer­coledì 12 novembre, Papa Francesco dopo aver ricordato quanto scritto dall’apostolo Paolo nelle Lettere “pastorali” a Timoteo e Tito, ha compendiato nei termini di accoglienza, sobrietà, pazienza, mitezza, affidabilità, bontà di cuore “l’alfabeto, la grammatica di base di ogni vescovo”. Il Papa ha in sostanza voluto precisare che l’essere in ascolto della gente è la caratteristica dell’azione pastorale di un Vescovo il quale è inviato a esercitare il suo ministero facendo solo spazio all’autorità di Dio. Questo pensiero del Papa ha rievocato in me e sono certo in tutti noi garganici, la per­sona e il volto dell’arcivescovo Domenico D’Ambrosio e del suo insegnamento, del suo esempio, del suo ministero, delle sue opere, della sua autentica fedeltà alla Chiesa, profusi e testimoniati durante i sei anni vissuti come Pastore di questa nostra Chiesa, che fin dal periodo medioevale fu detta “Ecclesia sepiae Ponti atque Monti”, di Siponto e del Monte, ossia sipontina e garganica. Sei anni tra noi e per noi, che seppur pochi per consistenza di tempo, tuttavia sono stati intensi per un ministero assai proficuo e re­stano indelebili nei cuori dei fedeli, in quanto vivi e profondi sono i segni di gioia, forza, amore, passione lasciati nella sua e nostra ter­ra garganica durante il suo passaggio storico alla ‘guida’ della nostra antica Arcidiocesi. E se è complesso poter fare un sia pur breve resoconto di questi sei anni di ministero episcopale di Mons. Domenico D’Ambro­sio, la difficoltà in chi scrive è accentuata ancor più da quella sincera stima e amicizia che lo hanno legato e tutt’ora lo legano alla sua persona. Tuttavia, cercherò di assolvere all’incarico affidatomi e di riassumere in uno sguardo sommario il ministero svolto da questo Pastore, garganico verace, cercando di evidenziarne e stigmatizzarne almeno gli aspetti più significativi e salienti. Innanzitutto, Mons. Domenico D’Ambrosio è stato un maestro e un modello per tutti: più volte Egli ha amato citare, e non a caso, brani dell’Esortazione apostolica “Pastores gregis” che ha applicato innanzitutto a sé stesso testimoniando che il Vescovo è “un uomo di Dio” al servizio degli uomini fratelli, incar­nante l’autentico “servo di Dio”. Ed il suo costante impegno pastorale è stato quello di far progredire il gregge a lui affidato nella via dell’amore a Gesù Cristo, dell’ascolto e della trasmissione della sua Parola, mostrando in ogni circostanza la sua premura e sollecitudi­ne per la nostra Chiesa particolare. Molte sono state le attività pastorali che tutti vivamente ricordiamo: dalla Visita Pastorale alle comunità dell’Arcidiocesi alla Peregri­natio Mariae della s. Icona della Vergine di Siponto, pellegrina con l’Arcivescovo in tutte le parrocchie nel 50° anniversario dell’in­coronazione fatta da S. Giovanni XXIII nel 1956, ai Missionari della domenica, al progetto pastorale “Giovani e famiglie in missione”, alla realizzazione e della nuova chiesa parrocchiale ss. Trinità nel quartiere Monticchio di Manfredonia, da lui perso­nalmente seguita e curata, e della Casa della Carità, che con forte impegno personale ha ‘da testardo e propositivo garganico’ voluto che non attendesse ulteriormente inutili tempi inerti nella sua concretizzazione, coinvolgen­do personalmente autorità e tecnici; infine, alla creazione del fondo di solidarietà per le famiglie bisognose. Sono queste solo le punte di diamante del suo instancabile e fulgido episcopato tra noi. Ed è stato proprio questo modo di esercitare il suo ministero che ha anche allenato tutti noi alla paternità affabile propria del Vescovo verso i fedeli che ha sempre voluto incontrare e ascoltare con pazienza. Egli non ha mancato di proporre a giovani e ragazzi l’unico modello, Gesù Cristo, anche attraverso la scelta coraggiosa di una dona­zione totale e piena a Lui – memorabile è stata, e lo ricordo bene, la sua catechesi tenuta a migliaia di giovani a Sidney in occasione della GMG che è rimbalzata su tutti i media cattolici del mondo. Ha sensibilizzato fami­glie e giovani; ha spronato alla missione le parrocchie, precorrendo il magistero di Papa Francesco, invitandole a “uscire fuori dal tempio” per aiutare le nuove generazioni e i lontani, “gli sfaccendati che sostano nelle piazze e nei bar”, i poco attenti all’annuncio della Buona Notizia, a cercare e a scoprire il progetto di Dio nella loro vita. E che dire di quel suo debito personale verso S. Pio, “sciolto” , come ha sempre amato dire proprio durante il suo episcopato tra noi, ed è il caso di ricordarlo, in ubbidienza al mandato ricevuto nel marzo 2003 dal Papa, oggi San Giovanni Paolo II, che nel nominarlo arci­vescovo della Chiesa di Manfredonia-Vieste- S. Giovanni Rotondo, lo ha espressamente incaricato di “custodire i carismi che lo Spirito ha suscitato e continua a suscitare in codesta amata porzione della Chiesa santa di Dio” compresa “la eredità preziosa di S. Pio da Pietrelcina”.

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Perciò, ha atteso alla dedica­zione della nuova chiesa di S. Pio progettata da Renzo Piano e alla conSacrazione del suo altare, alla esumazione, pur tra tante calunnie e falsità di devoti ‘meri adoratori di reliquie’, del corpo di s. Pio, alla sua ostensione a mi­gliaia di fedeli per un intero anno, alla Lettera pastorale ai Sacerdoti per la Pasqua 2008 nella quale ha sottolineato la sublime figura di s. Pio, Sacerdote e vittima, alle celebrazioni per il 50° anniversario della fondazione di Casa Sollievo della Sofferenza, alla sua attenta ed oculata amministrazione in un grave momento economico dell’Opera di s. Pio da Pietrelcina, alla cura pastorale, in quanto Presidente dell’associazione internazionale dei Gruppi di Preghiera, diffusi in tutti il mondo, personalmente visitati per la gran parte; infine, alla visita di papa Benedetto XVI a S. Giovanni Rotondo, da lui chiesta, ottenuta e curata. Sempre memore delle parole dell’apostolo Paolo a Timoteo, patrono della Chiesa di Termoli, sua prima sposa nel suo venticin­quennale ministero episcopale, di essere “sempre di esempio ai fedeli nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza” (1 Tm 4,123), Mons. Domenico D’Ambrosio ha svolto il ministero affidato­gli, rendendosi presente e vicino alle nostre genti, in momenti lieti, luttuosi e difficili – ricordo tra tutti la grave situazione sofferta da Peschici a seguito degli incendi devastanti il Gargano nell’estate 2007 – e percorrendo instancabilmente le impervie e lunghe strade del nostro Gargano in maniera sempre frut­tuosa pastoralmente, così come è testimo­niato da molti fedeli residenti soprattutto dei paesi del Gargano nord. Con Mons. Domenico, insomma, abbia­mo condiviso le esperienze pastorali più significative – ed alcuni di noi, presbiteri e laici, anche quelle formative – alla scuola della Chiesa madre e maestra: dal Concilio fino al Sinodo diocesano. Con queste siamo stati insieme forgiati e proiettati nel nuovo millennio. Molti sono pertanto i ricordi personali, segno di fraterna stima e amicizia. Che dire dei suoi quotidiani incontri in ospe­dale e nelle abitazioni private con i malati, le cui testimonianze sono numerosissime e an­cora vive. E che dire, infine, anch’ io che da decenni sono al servizio delle comunicazioni sociali e appassionato di ricerca storica: diverse sono state le sue prefazioni ai miei testi, diversi gli interventi alla presentazione dei volumi – indimenticabile è stato il suo intervento nella chiesa rupestre dell’Incoro­nata di Monte S. Angelo per la presentazio­ne, alla presenza del Prefetto di Foggia, del mio testo “Per omnia saecula seculorum, e vera Lectio magistralis quello in occasione della presentazione dell’altro mio volume “Opus Sacrum” coedito dalla Biblioteca Apostolica Vaticana alla presenza del Vice Prefetto della stessa presso il santuario dell’Arcangelo sul Gargano; moltissimi, e non è possibile elencarli tutti, sono stati i suoi incoraggiamenti e i suoi stimoli fraterni a proseguire nel servizio delle comunicazio­ni sociali. E che dire, infine, del memorabile pellegrinaggio in Terra Santa nel novembre 2004 delle Chiese di Puglia con tutti i Ve­scovi e diversi presbiteri e laici, ove Mons. D’Ambrosio si è mostrato nelle celebrazioni e nelle riflessioni omiletiche, grande padre, maestro e fratello. In conclusione, posso senza meno dire che Egli è stato un vero pastore, zelante e illu­minato, della nostra Chiesa di Manfredonia- Vieste-San Giovanni Rotondo ove ha svolto un cammino intenso e articolato e con il suo Piano pastorale diocesano ha voluto concen­trare la nostra attenzione sulla famiglia e sui giovani, principali protagonisti della missio­ne evangelizzatrice nel nostro tempo. In questo contesto di generosa e lungi­mirante solerzia pastorale, non posso che continuare a pregare il Signore della storia per il suo ministero, ora nella Chiesa sorella di Lecce, nella convinzione fondata, provata e certa che solo e perché sostenuto dal Suo aiuto, Egli può essere autentico Pastore, sempre più fecondo ed efficace, del gregge a Lui affidato.

Alberto Cavallini

UNO DEI SACERDOTI ORDINATI DA LUI/USCIRE FUORI DAL TEMPIO 

“La tua discendenza sarà benedetta” è la promessa di Dio ad Abramo e a quanti, come lui, hanno il coraggio della fede. La condizione della promessa è l’abbandono fiducioso alla Sua volontà che chiede un “esodo”: lasciare la propria terra, le proprie certezze, i propri progetti per obbedire alla Sua Parola, che diventa la nuova terra, la roccia sulla quale costruire la propria esistenza. Ai miei occhi, da quando ero adolescente, Mons. Domenico U. D’Ambrosio, è apparso sempre come un uomo, un Sacerdote, un Vescovo in “esodo”. Fino al 1989 Parroco della mia comunità parrocchiale “San Leonardo Abate” in San Giovanni Rotondo; dal 1990 Vescovo alla guida della Diocesi di Termoli-Larino e. poi, dell’Arci­diocesi Metropolita di Foggia – Bovino; dal 2003 mio Pastore nella Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste- San Giovanni Rotondo. Nel 2009 nuovo esodo verso la Chiesa di Lecce.

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Inoltre, negli anni nei quali ho avuto la gioia di poter collaborare con Mons. D’Ambrosio, io, giovane prete, da lui ordinato, ho speri­mentato la sua capacità interiore di porsi in atteggiamento esodale: sempre pronto a mettersi in discus­sione, a lasciarsi guidare dallo Spirito Santo, intuendo e praticando strade inedite, accordando enorme fiducia anche ai più piccoli, sempre alla ricerca delle pecorelle smarrite. Il suo stile e il suo programma pastorale è condensato nell’espressione “Uscire fuori dal tempio”, con la quale ci ha ripetutamente spronati. Come Abramo, credo che Mons. D’Ambrosio possa guardare la sua discendenza – di cui sono onorato di far parte, per il legame speciale che unisce un Vescovo ai Sacerdoti ordinati per l’imposizione delle sue mani – e contemplare come il Signore l’ha resa numerosa come le stelle del cielo e la sabbia del mare, e soprattutto l’abbia benedetta con ogni benedizione. Con il cuore colmo di gratitudine, rendo gloria a Dio, proprio ammirando come continua a portare a compimento l’opera che ha iniziato in Mons. Domenico U. D’Ambrosio.

Salvatore Miscio

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